Italo Calvino: uno scrittore invisibile a Parigi!
___ di Natalie Voytekunayte
Intellettuale, scrittore, giornalista, traduttore, poeta. Italo Calvino è stato un uomo dai tanti talenti che ha saputo fare della sua letteratura un grande strumento di sperimentazione in cui l’ambiente circostante ha sempre avuto un ruolo cardine. Roma, New York, Parigi: ognuna di queste città ha contribuito a definire lo stile di Calvino rendendolo unico ed inconfondibile nel panorama letterario del suo tempo.
Nato a Santiago de Las Vegas nel lontano 1923, Calvino trascorre l’infanzia, l’adolescenza e i primi anni della vita adulta a Sanremo con il padre agronomo e la madre botanica da cui riceve un’educazione rigorosamente laica. Spinto dal padre, intraprende gli studi di agraria che, tuttavia, non porta a compimento preferendo gli studi letterari. La letteratura, infatti, è una passione che cova sin da bambino e che porta avanti attraverso la collaborazione con giornali e riviste di Torino. E’ proprio in questo periodo che fa la conoscenza del grande Pavese grazie al quale riuscirà ad esordire con il suo primo romanzo dal titolo “Il sentiero dei nidi di ragno” pubblicato nel 1947.
Questa prima pubblicazione fu fondamentale per Calvino che, tempo dopo, decise di trasferirsi prima a New York e poi a Parigi. Un trasferimento questo, decisivo per la sua produzione artistica che gli permetterà di entrare in contatto con numerosi circoli letterari della Ville Lumière.
Le influenze Parigine
Italo Calvino è stato uno scrittore influenzato dalla società e dalla letteratura dei vari centri culturali mondiali in cui ha vissuto. Di New York, ad esempio, si espresse in questi termini: “ è la città che ho sentito mia più di qualunque altra. La amo e si sa che l’amore è cieco… In fondo, non si è mai capito bene perché Stendhal amasse tanto Milano. Farò scrivere sulla mia tomba, sotto il mio nome, ‘newyorkese'” ?
Nonostante New York sia stata una città molto importante nel suo percorso artistico, è a Parigi che vive la sua maturità stilistica e la sua più profonda metamorfosi letteraria. Su Parigi scrive: “La mia Parigi è la città della maturità: nel senso che non la vedo più con lo spirito di scoperta del mondo che è l’avventura della giovinezza. Sono passato nei miei rapporti con il mondo dall’esplorazione alla consultazione.”
Il suo spirito di scoperta deve, però, fare i conti con la tendenza all’isolamento che lo porta ad autodefinirsi come eremita. Resta il fatto che frequenta, soprattutto a Parigi, numerosi intellettuali che influenzano, in modo decisivo, la sua letteratura tra cui i membri del gruppo Oulipo (“L’Ouvroir de littérature potentielle” trad. “L’Officina di letteratura potenziale”) e del gruppo “Semiologia” rappresentato da Roland Barthes. Fu proprio il gruppo letterario Oulipo che gli commissionò, infatti, la traduzione del libro di Queneau, uno scrittore, poeta e drammaturgo francese di grande fama.
Parigi fu per Calvino una città che gli permise di entrare in contatto con numerosi artisti, tuttavia ciò non ridimensionò la sua difficoltà nel tessere rapporti personali. A tal proposito disse: “Forse io non ho la dote di stabilire dei rapporti personali con i luoghi, resto sempre un po’ a mezz’aria, sto nelle città con un piede solo. La mia scrivania è un po’ come un’isola: potrebbe essere qui come in un altro paese.…” Un’isola che, bagnata dal mare della letteratura, assorbe le innovazioni stilistiche di Queneau e si traduce in produzioni sperimentali in cui la realtà che lo circonda è messa al centro.
Il fatto che Calvino abbia risentito di numerose influenze ci fa capire che la sua letteratura non è statica, ma in continuo movimento. Nel romanzo “Il castello dei destini incrociati” (1969), ad esempio, si riscontrano uno stile simile a quello di Queneau e la tendenza a ridurre al minimo l’influenza dell’autore nella stesura delle storie. Tali influenze culmineranno nel romanzo “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979).
Un rifugio nel cuore della metropoli
Cos’è Parigi per Calvino? Parigi è la sua casa dove dedicarsi interamente al lavoro, é una metropoli in cui potersi nascondere, é un immenso centro urbano in cui essere invisibili e sconosciuti diventa possibile. Parigi é per Calvino anche una grande Babele, e come negarlo! La stessa vita quotidiana dello scrittore risente di questa multietnicità: la moglie di Calvino parla lo spagnolo, la domestica il portoghese, la figlia di 8 anni il francese parigino.
Parigi é per Calvino un luogo dove le epoche si sovrappongono, si mischiano, si confondono. Del quartiere la Defense, allora in costruzione durante il governo di Pompidou, ad esempio, lo colpiscono la modernità e la grandezza dei grattaceli. Lo spirito di cambiamento che anima Parigi stupisce Calvino che si rende conto di quanto sia possibile attraversare le epoche e i secoli rimanendo nella stessa città.
Calvino paragona Parigi finanche ad una manifestazione fisica dell’inconscio collettivo che permette alla Ville Lumière di mischiare storie, culture e civiltà. Un vero e proprio catalogo da poter consultare e da cui é riuscito a trarre ispirazione nella fase più matura della sua carriera letteraria.