L’altra faccia del coraggio: Oriana Fallaci_Rubrica_Le donne e la letteratura
–– Di Marta Carboni
E se le donne dovevano fare la guerra, non vedo perché le donne non dovessero scrivere della guerra, seguire la guerra
–Oriana Fallaci
Indimenticabile pezzo della letteratura del Novecento, Oriana Fallaci è nata nel 1929, a Firenze, dove è morta nel 2006, salutata dalle campane della cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Una penna forte, la sua, come d’altronde le sue matte (per l’epoca mattissime), pretese di andare al fronte per scrivere la verità, nemica nuda e non romanzata. Lo faceva, infatti, con quell’esattezza e con quella precisione che deve avere uno scrittore prestato al giornalismo, come amava definirsi.
Il suo genio non stava solo nelle parole, ma anche nel coraggio di partire e disarmare, con quelle, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre.
Profondamente legata al padre Edoardo, catturato e torturato dai nazifascisti senza mai confessare i nomi dei suoi compagni, Oriana ne fece un ideale di uomo e compagno di vita, ritrovandolo nel 1973 solo in Alexandros Panagulis, l’eroe greco in continua lotta contro le dittature e le tirannidi.
È a lui che la scrittrice dedica Un Uomo, raccontando l’alternata e appassionata storia di lui e del loro amore. Un Uomo è tre anni della vita della Fallaci, un decennio di storia, una lettura imprescindibile della sua ampia produzione.
Oriana ha cambiato il modo di fare giornalismo e quello di raccontare la guerra, mettendosi nei panni di chi la subisce, di chi soffre, di chi muore. Osservava i soldati, i loro volti e le loro voci, le loro reazioni e la loro brutalità arrivando a comprendere che fosse proprio quello l’unico scenario possibile per conoscere qualcuno visceralmente. Diceva che niente, ma proprio niente, potesse e possa rivelare l’uomo quanto la guerra.
Di disarmante, Oriana, non aveva solo l’interpretazione della parte più oscura del mondo, ma anche una, allora, scomoda e sconvolgente modernità.
Questo la rende sempre e ancora più vicina a noi. Niente, ad esempio, è più attuale delle sue parole in merito alla legge sull’aborto:
L’aborto non è un gioco politico: io fo un compromesso con te, tu fai un compromesso con me. A restare incinta siamo noi donne. A partorire siamo noi donne. A morire partorendo o abortendo o non abortendo siamo noi donne. La scelta dunque tocca noi, che a voi piaccia, permettete, o non vi piaccia.
È a questa lotta che l’autrice dedica Lettera a un bambino mai nato. In quest’opera disobbediente e controcorrente la Fallaci dà voce alle donne, a quelle che vivono la maternità come un dovere. A quelle che, anche oggi, non sono libere di scegliere. Determinata, forte, coraggiosa, imprevedibile e impulsiva, la Fallaci ha avuto una sola debolezza: il cancro ai polmoni. È stato il suo nemico più ostile, che ha trasformato gli ultimi anni della sua vita in una trincea di solitudine. C’erano solo lei e la sua malattia. Del mostro, Oriana, parlava con disinvoltura e sfrontatezza, ma anche con speranza. Lei voleva disperatamente vincere:
È un rapporto di guerra: fra due nemici, lui vuole ammazzare me e io voglio ammazzare lui.
Fra le sue opere è doveroso citare anche: Se il sole muore, Niente e così via, Un cappello pieno di ciliegie, 1968, Quel giorno sulla Luna, Viaggio in America.
Aveva un’ossesione, un’altra oltre la scrittura: andare sulla Luna. Lo pretendeva, grazie alle sue conoscenze di New York.
Ed è lì, sulla Luna, che ora brilla un talento che, al contrario, non si eclissa mai.