RUBRICA “LE FIL ROUGE”: La traduzione dall’Italia fascista ad oggi. Brioscia al mattino e bevanda arlecchina la sera?
___ di Arianna Pavan
“Mutando il corpo, si muta anche anima.” -Giovanni Pascoli
Partiamo da un concetto fondamentale: non è possibile trasferire in modo netto un contenuto da un sistema linguistico all’altro. Quando si traduce un messaggio spesso è necessario filtrarlo e adattarlo alla cultura di arrivo. In caso di termini particolarmente specifici, spesso non è neanche possibile tradurli per mancanza di un corrispettivo, come nel caso della parola anglofona college che generalmente in italiano rimane invariata. Questo è il caso degli elementi propri di una cultura specifica, definiti in gergo linguistico realia.
La traduzione in quanto disciplina è oggetto di dibattito da oltre un secolo. Focalizzandoci sul nostro paese, il dibattito moderno sulla teoria e la pratica della traduzione letteraria inizia nel 1902, anno della prima edizione de l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, Teoria e Storia di Benedetto Croce.
“Ogni traduzione […] o sminuisce e guasta, ovvero crea una nuova espressione, rimettendo la prima nel crogiuolo e mescolandola con le impressioni personali di colui che si chiama traduttore. Nel primo caso l’espressione resta sempre una, quella dell’originale, essendo l’altra più o meno deficiente, cioè non propriamente espressione: nell’altro saranno sì due, ma di due contenuti diversi. Brutte fedeli o belle infedeli.”
Non è raro che il messaggio tradotto acquisisca sfumature nuove una volta traslato nella lingua di arrivo. Nella nostra prima pillola abbiamo parlato di ceppi linguistici, rimandando all’immagine darwiniana dell’albero della vita. Mantenendo viva quest’immagine, Luigi Pirandello paragona il lavoro del traduttore al trapianto di un albero in un altro terreno:
“(…) sotto il nuovo clima perderà il suo verde e i suoi fiori; per il verde, per le foglie intendiamo le parole native e per fiori quelle grazie particolari della lingua, quell’armonia essenziale di essa, inimitabili. […] Avremo dunque, sì, trapiantato l’albero, ma costringendolo a vestirsi d’altre foglie, a fiorir d’altri fiori; foglie e fiori che brilleranno e stormiranno altrimenti perché mossi da altra aura ideale: e l’albero nel miglior dei casi, non sarà più quello. (saggio Illustratori, attori e traduttori, Arte e Scienza,1908)
Nella storia della traduzione in Italia particolarmente importante è il periodo compreso tra la fine degli anni Venti e la caduta del Fascismo. Negli anni Trenta l’Italia pubblicava un numero di traduzioni di opere straniere maggiore rispetto a qualsiasi altro paese nel mondo, seguita da Francia, Germania e Inghilterra. La pubblicazione dei primi Libri gialli (1929) da parte della casa editrice Mondadori inaugurò una lunga stagione di successi con traduzioni di romanzi popolari in edizioni economiche. Vennero anche adottati sistemi di distribuzione innovativi, come la vendita nelle edicole in forma di dispensa.
Oltre a Mondadori, molte altre case editrici lanciarono serie dedicate alla letteratura tradotta. La Modernissima (attuale Corbaccio) iniziò una serie chiamata Scrittori di tutto il mondo. In quegli anni la traduzione divenne, dunque, un’importante fonte di guadagno per il mondo editoriale italiano, malgrado eclissasse la pubblicazione delle opere nostrane. In seguito al malcontento degli autori italiani, venne imposto un dazio alle traduzioni. In questo modo, si limitò la proliferazione di opere straniere attenuando i danni recati all’editoria originale italiana, ma non solo.
In anni in cui divampava uno spiccato patriottismo, che sarebbe poi sfociato nel nazionalismo, la lettura di romanzi stranieri aveva portato il popolo italiano ad impiegare termini incontrati nelle affascinanti letture di romanzi stranieri, prevalentemente inglesi e francesi. Al fine di limitare il deturpamento della lingua italiana, orgoglio nazionale, si arrivò ad applicare un vero e proprio sistema di censura alla stampa periodica. Per questo riguarda quella non periodica, questa non risultava ufficialmente soggetta ad alcuna regolamentazione, nonostante la Prefettura si occupasse dell’approvazione dei contenuti pubblicabili.
Il risultato di questi interventi fu l’italianizzazione di termini stranieri. Di seguito alcuni esempi:
brioche: brioscia
champagne: sciampagna
croissant: cornetto (termine oggi usato, nell’Italia settentrionale, anche per indicare i fagiolini freschi).
dessert: fin di pasto o peralzarsi
film: pellicola
krapfen: bombola (da cui deriva l’odierno bombolone)
hotel: albergo
stop: alt
buffet: rinfresco
garage: rimessa
sandwich: traidue (in seguito, tramezzino)
whisky: acquavite
chauffeur: autista
claxon: tromba o sirena
bar: qui si beve
picnic: pranzo al sole
cocktail: polibibita/bevanda arlecchina
boy-scout: giovane esploratore
papillon: cravattino
parquet: tassellato
pullman: torpedone
latin lover: vitaiolo
alcool: alcole
taxi: tassì
autogoal: autorete
Football: palla al calcio (poi Calcio)
Anche se alcuni vocaboli sono sopravvissuti nell’italiano odierno, nel caso di brioche, cocktail, plaid, parquet e altri termini importati, l’italiano oggi predilige ricorrere ai prestiti linguistici piuttosto che alla traduzione.
Allo stesso modo, nonostante la legge di Toubon sia ancora in vigore, oggi le fasce d’età più giovani della popolazione francese tendono ad usare in maniera intercambiabile sia la terminologia tradotta (come ordinateur, mettre au jour, courriel) e quella importata dall’inglese (computer, update, email).
BIBLIOGRAFIA e sitografia:
Rundle, Christopher. Il ruolo/la (in)visibilità del traduttore e dell’interprete nella storia,Associazione Italiana Traduttori e Interpreti, Il traduttore nuovo (2004).
Berruto, Gaetano e Cerruti, Massimo. La Linguistica, un corso introduttivo, UTET Università (2011).
Croce, Benedetto. Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale: teoria e storia, Gius. Laterza & figli (1902).
Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani online, s.v. “lingua del fascismo”, resa disponibile dal sito www.treccani.it.